P.o. a distanza: com’è cambiato il nostro lavoro durante la pandemia

I cambiamenti dell’ultimo anno sono stati radicali e spesso sconvolgenti: per parafrasare Baricco, è come se avessimo vissuto 5 anni in uno e difficilmente torneremo “al mondo di prima” e non tanto per quanto riguarda l’emergenza sanitaria – che tutti ci auguriamo possa rientrare presto, grazie anche agli incredibili progressi della scienza – quanto perché abbiamo intravisto la possibilità di un modo di vivere e lavorare nuovo e diverso.

Non so quanto ricercare i lati positivi della pandemia sia giusto e utile, o quanto non sia piuttosto un esercizio fine a se stesso, ma è pur vero che i passi in avanti tecnologici e organizzativi ci sono stati, e sono stati notevoli. Ecco perché è importante oggi parlare di come il nostro lavoro di professional organizer sia cambiato durante la pandemia da Covid-19: qui proverò a sintetizzare quella che è stata la mia esperienza di professional organizer specializzata in ambito domestico e in modo particolare nella cucina.

 

Riscoprire la casa

Tra lockdown, zone rosse e coprifuoco abbiamo passato in casa un tempo che non ha precedenti nella storia recente, e questo ha creato alcuni fenomeni interessanti: una delle poche certezze che abbiamo dopo questo anno e mezzo di crisi sanitaria globale è che tutti abbiamo riscoperto le nostre case, e forse qualcuno ci ha davvero vissuto per la prima volta.

Da una parte, sicuramente, è stata messa in campo una maggiore cura per gli spazi della casa: chi di noi non ha approfittato dei lockdown per fare piccole riparazioni, lavori di bricolage, arredare stanze che erano rimaste spoglie dopo l’ultimo trasloco?

Dall’altra si è riscoperto il bisogno, talvolta pressante, di una migliore organizzazione dello spazio e delle sue modalità di fruizione: penso ad esempio alle famiglie alle prese con la DAD, costrette a condividere magari il tavolo della cucina per studiare, lavorare, partecipare a call e seguire le lezioni.

Anche l’organizzazione del tempo è divenuta spesso un’esigenza non più rinviabile: sia quello da dedicare al lavoro, per non soccombere allo smartworking senza orari né soluzione di continuità, sia quello necessario per svolgere mansioni come cucinare e pulire la casa, non più delegabile ad altre figure o servizi.

Da ultimo ma non meno importante, credo che abbiamo riscoperto anche un legame emotivo con la nostra abitazione, che va al di là dell’uso funzionale dello spazio: sono andata a rileggere la spiegazione del vocabolo “casa”, sul sito Una parola al giorno e un concetto mi è sembrato particolarmente utile a spiegarlo:

“La casa latina, diciamocelo, non è un gran che. È la capanna, un’abitazione modesta, dappoco. […] Ma è bello soffermarsi a pensare questo: rispetto al maniero avito, residenza immobile di una stirpe da innumerevoli generazioni, rispetto alla villa, estro dell’architetto, continuamente comprata e venduta, rispetto al condominio, intreccio di storie in un contesto fisso, la capanna, la casupola, l’abitazione povera riesce forse meglio a trasmettere l’idea di un’abitazione vissuta, che viene allargata e modificata a seconda delle necessità della famiglia che la abita, adatta a seguirne plasticamente la vita. In quest’ottica l’oggetto-casa calza perfettamente sul concetto di identità, che continuamente cambia e si riassesta, pur rimanendo sempre la stessa.”

Dal mondo fisico all’online

Questo rinnovato interesse per la casa ha sicuramente scatenato le ricerche di moltissime persone anche sulle tematiche legate all’organizzazione. Se è vero che su YouTube si trova la soluzione a quasi ogni problema pratico, è altrettanto importante notare che il lavoro di comunicazione di molte e molti professional organizer ha sicuramente intercettato questo target, per così dire “risvegliato” dalla pandemia.

Nell’impossibilità di svolgere interventi a domicilio, per molta parte del 2020 e anche del 2021, ci siamo bene o male tutti rivolti a strumenti e modalità online che ci permettessero comunque di continuare a lavorare e a seguire la nostra clientela.

Non è stato facile riconvertire tutte le attività in questo senso: spesso lavorare online è molto più farraginoso e lento, manca quella fondamentale parte di rassicurazione e incitamento che serve alle persone per fare quel “passo in avanti” che gli farà acquisire e consolidare delle nuove abitudini. Un altro aspetto da non sottovalutare è il divario digitale che si amplifica particolarmente con quel tipo di clientela più avanti con l’età e in alcune zone d’Italia in cui manca proprio l’infrastruttura adatta a supportare adeguatamente le connessioni video.

La maggior parte di noi in quest’ultimo anno e mezzo ha dovuto improvvisarsi regista, allestendo scenografie e incrementando a tempo record le proprie competenze di reti IT, con l’obiettivo di supportare la clientela nei loro processi di cambiamento.

Il passaggio all’online, inoltre, non ha cambiato solo il medium attraverso cui erogare i nostri servizi. Sono dovute cambiare completamente anche le modalità:

  • Le consulenze one to one si sono diluite e accorciate nelle singole sessioni, per permettere una fruizione più facile e una maggiore efficacia.
  • È stato necessario seguire più attentamente il follow-up dei percorsi e delle singole sessioni, anche predisponendo strumenti ad hoc (ad es. workbook, chart, questionari).
  • Vista anche la crescente richiesta, sempre più spesso sono state organizzate virtual classroom e corsi online, live. Questo ha richiesto l’acquisizione di competenze nuove, da parte nostra: dalla promozione e marketing, alla pianificazione dei contenuti, alla realizzazione tecnica.

 

Cosa resterà di questi anni 2020?

È presto per dire cosa succederà: sicuramente “il mondo di prima” è superato e a mio parere rimarranno le nuove conquiste tecnologiche e metodologiche rispetto alle attività da remoto, magari integrate con incontri dal vivo e in presenza, che permetteranno di lavorare con più efficacia sui nodi critici.

Quello che auspico è che rimanga anche l’acquisita consapevolezza dell’importanza dell’organizzazione, a casa e nel lavoro, e una nuova cultura organizzativa a tutti i livelli.

 

Myriam Sabolla

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